A vent’anni non ci pensi. Ed è giusto non pensarci perché ogni età ha le sue esigenze e opportunità. Però bisogna essere consapevoli di quello che si è e di quello che il futuro può offrirci ed avere quella famosa “cassetta degli attrezzi” che servirà per risolvere problemi che tutti, o la maggior parte di noi, abbiamo.
La femminilizzazione della professione veterinaria è una realtà per l’Europa e in molti paesi del mondo, ma al di là dei numeri, anche qualora le donne medico veterinario fossero un’esigua minoranza, occorre sapere cosa ci aspetta nel futuro professionale, in particolare quelle piccole grandi situazioni che accomunano buona parte della popolazione e che quindi altri prima di noi hanno dovuto gestire, meglio o peggio. L’esperienza degli altri è preziosa. Utile se viene condivisa. Tutti abbiamo e avremo problemi, ma se siamo aiutati a risolverli, saremo in grado di vivere in una società migliore e potremo continuare a risolvere altri problemi, magari più complessi, che non mancano mai.
La professione veterinaria inizia già con un percorso di studi molto serrato, che richiede una grande concentrazione. Una volta laureati, i ragazzi sono impegnati ad acquisire competenze tecniche di livello sempre più elevato e diventa una rincorsa continua, che però può far trascurare i dettagli della vita collaterale. Probabilmente diventiamo bravi veterinari, ma a danno dei nostri spazi personali, a cui però prima o poi siamo richiamati. Allora bisogna che qualcuno, quando hai vent’anni, te lo faccia presente e che poi, quando servirà, ognuno di noi sia attrezzato per prendere le decisioni più giuste per il singolo.
Con questo spirito nasce la volontà di intraprendere nel Dipartimento di Medicina Veterinaria di Perugia due seminari.
Il primo è sulla previdenza.
Questo argomento scaturisce proprio dalle conclusioni di un incontro, organizzato dall’Associazione Donne Medico Veterinario a marzo 2020, sulla previdenza, dove è emerso che, quando alcune colleghe hanno cominciato a pensare seriamente alla pensione, si sono accorte che quello che andranno a prendere non è quanto si aspettavano, ma addirittura forse una quota inadeguata a una professione che ha richiesto una presenza giornaliera, a volte con turni di più di 12 ore, orari di reperibilità pesanti e concentrazione mentale elevata. Nonché, aggiungerei, un ruolo sociale che poco ci viene riconosciuto, ma che noi sappiamo bene che c’è: dal supporto psicologico ai proprietari degli animali, alle misure di Sanità Pubblica che vengono intraprese trasversalmente su tutte le specie animali, al controllo degli alimenti di origine animale.
A molti di noi non è stato mai detto a cosa serve riscattare gli anni di laurea, quando conviene farlo, come gestire i propri contributi e che conseguenze questo abbia.
In quell’occasione è nata la proposta di sollecitare gli studenti su questi argomenti ancora nella fase universitaria. Tanto vale sapere come funziona il mondo della previdenza per sapere che andranno fatte delle scelte, e in maniera consapevole, per non trovarsi nel futuro sprovveduti. A vent’anni è un argomento noioso, con tutte le cose belle che ancora ci sono da fare nella professione! Ma servirà per il futuro.
L’altro seminario è sulla femminilizzazione della professione veterinaria.
E’ vero che se la percentuale di donne aumenta, di necessità occorrerà migliorare i servizi alle donne…che in genere si portano dietro la famiglia. Che non è solo delle donne, ma è di tutti. E’ soprattutto della società. Senza andare tanto nel filosofico, ma nel pratico, sono i nostri figli che dovranno pagare i contributi a chi andrà in pensione e l’invecchiamento della popolazione italiana costituisce un grosso problema per la stabilità economica del Paese. E quindi, forse, è un problema di tutti.
In questo senso ci rivolgiamo anche agli studenti di medicina veterinaria di sesso maschile, che arriveranno a posti apicali e che, in tal caso, dovranno gestire il lavoro di molte donne. Lavoro di donne che spesso diventa difficile (e faticoso anche per gli altri), con emergenze improvvise, turni da colmare, sostituzioni, orari proibitivi, e così via perché non abbiamo una struttura statale, in Italia, che supporta la famiglia come in altri Paesi Europei. E allora servono azioni e sistemi alternativi di supporto. Ed è utile pensarci prima.
Con l’augurio per tutti che queste sollecitazioni fatte “a vent’anni” migliorino la nostra vita professionale.
Prof.ssa Maria Luisa Marenzoni – docente di epidemiologia veterinaria e malattie infettive dei piccoli animali Università Degli Studi di Perugia