È in libreria “Il dottore degli animali. Le avventure di Lulù” scritto dai colleghi Alessandro Schianchi e Silvia Macelloni.
ADMV ha conversato con gli autori per provare a capire come mai questo libro è diverso: un testo per l’infanzia che però accompagna anche il lettore adulto a riflettere sulla nostra professione. “Per raccontarci correttamente è fondamentale che il racconto venga scritto da chi fa il mestiere: bisogna parlare delle cose che si conoscono” dice Alessandro “ma allo stesso tempo, pur descrivendoci per quello che siamo, medici che si occupano della salute e del benessere degli animali e dell’uomo (il libro tocca anche il concetto di One health), educare ai sentimenti e introdurre nella narrazione quella poesia che troppo spesso manca nella quotidianità dei nostri bambini e di tutti noi”.
La professione veterinaria affascina da sempre i più piccoli ma spesso quando si parla di medicina subentrano timori e paure legate agli aspetti negativi della disciplina, come la malattia e la sofferenza dei pazienti animali. Precisa Silvia Macelloni: “Contrariamente a quello che si può pensare è un libro scritto dalla parte del bambino che viene accompagnato a scoprire l’etica, il rispetto e la dolcezza nascosti tra le pieghe del nostro lavoro e che talvolta non si colgono, perché vengono coperti dall’atto tecnico: ma dietro al medico c’è sempre una persona che non nega una carezza ai propri pazienti”. Scrivere un libro per bambini è un’esperienza unica e deve essere divertente anche per gli autori: “Per noi descrivere la professione vista dai più piccoli è stato riscoprirla: abbiamo davvero ritrovato il bambino dentro di noi. È diventato un gioco”.
Un libro scritto a quattro mani con Alessandro, un passato nella buiatria e una formazione da psicoterapeuta oltre che da medico veterinario, a contribuire alla descrizione della medicina degli animali da reddito e Silvia, esperta di medicina comportamentale, a descrivere le caratteristiche etologiche e le esigenze di benessere degli animali incontrati nel racconto.
Un lavoro che gli autori descrivono come “d’equipe” e che, in una realtà in cui spesso i professionisti non riescono a realizzare collaborazioni proficue e a sviluppare reti veramente collegiali, fa sorgere una domanda spontanea: perché realizzarlo insieme? “È una questione di modestia” ci risponde Alessandro Schianchi “Silvia ha competenze che io non ho, e di risorse, fare tutto da solo avrebbe comportato una quantità di tempo che non possiedo: imparare a delegare e a riconoscere i propri limiti è importante in una professione dove molti rischiano il burn-out. Purtroppo spesso abbiamo difficoltà a lavorare insieme: non siamo abituati a questo tipo di interazione. Non dipende solo dalla concorrenza tra colleghi ma anche dalla nostra formazione universitaria che non promuove a sufficienza l’arte di sviluppare uno spirito corporativo e creare un circolo virtuoso di cooperazione tra medici veterinari tale da sostenersi anche nel futuro professionale”.
La rappresentazione della professione ha ricalcato, forse involontariamente, le statistiche OCSE secondo le quali un medico veterinario su due è donna: una coppia di colleghi entrambe veterinari sono al centro del libro. Ci spiega Alessandro: “abbiamo scelto una famiglia di veterinari, sia per provocazione, sia per ragioni narrative, poiché per parlare ai bambini è necessaria la sintesi e questa era la soluzione tecnica più efficace per raccontare la nostra professione. Volevamo accompagnare i bambini per mano quasi dicendo loro “vieni a vedere cosa faccio, vieni a scoprire il valore del mio lavoro”. E in questa professione, che vede un contributo femminile sempre più importante, ognuno ha proiettato una parte di sé nei personaggi: “Ci tenevo particolarmente a inserire nella narrazione l’uscita notturna della mamma mentre il babbo rimane con il figlio per mostrare che la maternità e la paternità sono valori da condividere e che la conciliazione, pur se difficile, è possibile se si incontrano persone disposte a collaborare con te. Direi di più: la maternità e la paternità sono qui un valore aggiunto, perché è nella relazione con il bimbo che i medici di questo libro ritrovano la passione del raccontarsi e del raccontare la professione. C’è anche mio figlio nel libro: della professione di medico veterinario sapeva poco e anche per lui è stata una rivelazione scoprire cosa fa il dottore degli animali” conferma Silvia.
Una professione così poliedrica e affascinante merita di essere raccontata, non solo per permettere agli altri di farne parte, ma per riscoprire il senso del nostro lavoro: “Se non si raccontano le cose non si riesce a viverle. Le parole sono magiche, cambiano il modo di pensare, creano circuiti nuovi. La descrizione del nostro lavoro doveva essere corretta, perché si tratta di una professione spesso descritta in modo grossolano e stereotipico, ma allo stesso tempo non poteva essere sterile, descrittiva e freddamente tecnica”.
Riscoprire quindi il potere delle parole e usarle con cura, introducendo anche nel nostro lavoro il concetto di “medicina narrativa”: questo potrebbe essere uno spunto per restituire alla professione veterinaria l’aura di valore e autorevolezza che nel tempo si è persa. E raccontarla a tutti, non solo ai bambini.
Silvia Piol de Vecchi
Associazione Donne Medico Veterinario